Prolegomeni di una guerra

10.04.2022

È la guerra di ipocrita indignazione. Non il solito raffronto tra le Nazioni ma, un atto indicibile agli occhi dell’occidentale umanità per la quale un’arma non riesce a trovare la sua spiegazione ontologica e non meno la spiegazione del suo utilizzo nella mente, lacerata da questo sconquasso, della maggioranza degli abitanti del Terzo Millennio. Privati dei fondamentali mezzi di comprensione della storia, vivendo in una bolla di utopiche e finte realtà, senza il benché minimo sforzo di attualizzazione degli eventi che sempre hanno compartecipato alla vita dell’uomo (giacché l’uomo è tale), cadendo goffamente in analogie con i veri eventi catastrofici e pagine buie dei secoli addietro, la guerra tra Russia e Ucraina (semplificandola superficialmente per immettere l’argomento) è diventata così l’oggetto di discussione, ahinoi, di tutti gli aventi facoltà di parola. Tremendamente “dissertata” su opinioni proprie (guai a contraddire!) come se a ciò si potrebbe ridurre una questione che è pur sempre assai delicata eppure, nulla che con la mente sia inarrivabile a comprendere i motivi che la originano

Una iniziale oggettivazione del fatto, e cioè che una guerra è un’infelice manifestazione dell’animo avverso umano, è basilare e però non dev’essere monopolizzante quando arbitrariamente s’imputa l’intera colpa a chi la guerra la dichiara. Discussioni rivolte ossequiose al pacifismo suscitano il mio riso e quello di molti altri illustri che hanno sperimentato che la pace ad ogni costo è pericolosa. Si parlò a posteriori di “appeasement”, la pace a tutti i costi, come di una rovinosa condotta che portò alla Seconda Guerra Mondiale e si parlò di appeasement quando la giunta militare argentina ordinò l’occupazione delle Malvine nel 1982 sotto lo sguardo immobile dell’Inghilterra. Con arresa ironia, tra l’altro, c’è da dire che di pace si parla solo nelle tavole: alla sera, i telegiornali nazionali, non senza aver prima mandato in onda patetici fotomontaggi di gente sfollata e madri che partoriscono in rifugi sotterranei, dovendo far stringere il cuore, esasperano oltremodo quella contraddizione di cui molti sono ignari, sul fatto che la pace non la voglia né l’Ucraina, parte offesa, né la Grande Madre Russia, o Zio Sam. Non a caso il professore A. Orsini è così intervenuto durante un’intervista a PiazzaPulita: “Se Zelensky diventa un ostacolo alla pace, va abbandonato”. E appare scontato pure spiegare il perché la pace non la vogliano gli Stati Uniti, anche se le ragioni sono più articolate in questo caso.

Gli antecedenti di una guerra sono il vero campo di uno storico, dai quali si estrinsecano vicende e fatti che mettono a nudo l’uomo, su quanto sia in realtà nullità rispetto a quello che i “potenti” paiono. Volendo evitare la parentesi della Guerra Fredda (poiché la guerra non è tra Russia e Ucraina), prima di parlare della caduta dell’U.R.S.S., è bene ricordare che sull’Europa calò una “cortina di ferro1” dopo il 1945 e la conseguente attuazione del Patto di Varsavia e del Patto Atlantico (N.A.T.O./O.T.A.N.). Nel 1991 però, con l’implosione dell’Unione Sovietica e il Patto di Varsavia di sua matrice, non cessa l’esistenza dell’Alleanza Atlantica. Tanto discusso è il famigerato accordo segreto firmato dall’ultimo segretario del Partito Comunista dell’URSS Gorbacëv e l’allora presidente degli Stati Uniti Bush. Il trattato, così spiegato da Milena Gabanelli, ex conduttrice di Report, prevedeva che “in cambio della riunificazione della Germania e del ritiro delle forze armate di Mosca, la Nato non si sarebbe mai allargata sui Paesi del Patto di Varsavia, e men che meno nelle Repubbliche ex

Sovietiche”. Come invece evidenzia Maurizio Crozza e come ben possiamo osservare noi stessi, la NATO in realtà si è espansa fino alle porte della Russia, arrivando a comprendere ben sette di quegli otto paesi del patto di Varsavia2. Spontaneamente sorgerebbe il dubbio sul concreto problema di questo avvicinamento per la Russia. Essendo infatti la NATO un’organizzazione nata a scopo anti-russo per coalizzare cioè tutte le forze militari contro un possibile attacco da parte del Soviet Supremo (che, fortunatamente, mai avvenne) e, significando l’appartenenza a tale organizzazione la certezza per il paese aderente di avere installate delle basi militari e missilistiche sul proprio territorio, è evidente che a Putin la cosa non vada a genio. Comprensibilmente. Quale paese permetterebbe che nei territori a ridosso vengano installate delle basi militari poste in essere per minacciarlo?

La stessa cosa al rovescio, in realtà, era già successa con la crisi dei tredici giorni di Cuba, nel 1962. Quando gli americani scoprirono che Cuba, il loro aggiogato stato satellite, aveva dato l’assenso all’URSS di portare testate nucleari sull’isola, iniziarono a minacciare una pronta risposta che avrebbe compromesso la già delicata pace tra le due superpotenze. Chruscëv e Kennedy fecero davvero tenere il fiato sospeso al mondo, prefigurando una Terza Guerra Mondiale, possibile in quel momento come non mai.

Ma gli americani sapevano, e lo testimoniano le stesse affermazioni di Biden nel 19973, che la Russia non avrebbe digerito un’espansione a lungo andare verso est. Ora, gli Stati Uniti (“ecco la menzogna” direbbe Orsini) non hanno mai avanzato obiezioni quando una nazione li tirava in ballo per una guerra, ammesso che non l’avessero fomentata loro stessi: è innegabile il lucro che gli USA ricavano dalla guerra, manifestazione della loro potenza. Ma, a parte questo fatto che pur sempre è movente e mai deterrente, sta qui il punto: gli Stati Uniti, il sogno americano, l’idealizzazione di una nazione che primeggia in tutti i campi sta crollando, cedendo il passo alla Cina. La stessa Cina che è compagna in economia e nella politica della Russia, il grande alleato russo e viceversa. Insomma, non è azzardato addurre come esempio il fatto che forse, tra le innumerevoli cause della discesa in campo americana che siano reali o fittizie, c’è da aggiungere una necessità di tenere impegnata la Russia sul fronte occidentale, distraendola e impedendo l’intervento su un altro possibile fronte: quello del Pacifico. Volendo spiegare la guerra con le tesi di Lenin “Imperialismo, fase suprema del capitalismo” pian piano, senza guerre, la transizione da un centro di accumulazione (di capitali) ad un altro giova a favore della Cina e questo passaggio è da sempre avvenuto non senza guerre4. Il che avrebbe spinto gli americani a belligerare contro la Russia. Non appariva ora Biden monotono e svogliatamente orientato al Bene comune quando l’unica cosa che ripeteva per “evitare” la guerra era “durissime sanzioni” alla Russia? Né appare meno ridicolo Boris Johnson che ha dato immediato sostegno alle volontà di Washington e non appaiono meno ridicoli gli inglesi che, dal tramonto del loro impero e il superamento dell’America, si sono sempre accodati a questa per non restare completamente nell’ombra. Tra le altre cose in cui gli inglesi hanno, per l’appunto, seguito gli States (fatto che è rimasto debitamente in sordina ma, che getta su questi ultimi una luce di impostura) è un patto trilaterale che, in realtà, è sotto gli occhi di tutti ma mascherato negli obiettivi ultimi (ammettendo pure che possano non essere davvero questi): è il patto AUKUS, dal nome dei firmatari (Australia, United Kingdom e United States) dello scorso ottobre 2021. Lo stesso servirebbe a dotare l’Australia di sottomarini ad alimentazione nucleare nel Pacifico, e ciò avvicina di fatto la potenza atlantica (USA) alla potenza pacifica (la Cina).

Ed è così che tutto l’Occidente (l’Unione Europea), terreno satellite, come uno strascico capitola inerme sotto il dettato degli Stati Uniti e, se le nazioni d’Europa non possono seguirli nella guerra, quantomeno devono nella propaganda. “L’Italia sta agli Stati Uniti come la Bielorussia sta alla Russia5”. Francia e Italia, coinvolte in questo giogo, hanno per propaganda gli stessi interessi ma non azzardano intervenire per salvaguardare le loro finanze, in particolare l’Italia. “Sono stati e sono loro gli oltranzisti atlantici che hanno avvilito e mortificato il ruolo dell’Italia, aggiogandone le sorti a quelle del carro americano” rimproverava già Enrico Berlinguer, padre di Bianca Berlinguer6. E però, se invece ci spostassimo oltre l’Europa, in paesi come la stessa Cina, l’Egitto, l’India o i paesi Sudamericani, con iniziale sgomento constatiamo che la stessa guerra viene raccontata in un modo totalmente diverso, in cui i media locali si schierano apertamente dalla parte della Russia. “Questa è una guerra di logoramento perché l’Occidente la vuole così, da quando non ha voluto risolvere la questione delle due repubbliche separatiste arrivando al conflitto. La guerra quindi è un atto voluto.” dicono in Egitto sulla guerra7, vedendo questo conflitto come un affronto all’oriente, percependo la già citata perdita di influenza degli americani sul mondo.

Detto ciò, passando a quei motivi che molto hanno fatto parlare dell’Ucraina nei primi giorni di guerra, c’è un reale interesse delle nazioni alla protezione degli interessi ucraini di natura sociale? Certamente, siamo pur sempre l’Occidente, mica imperialisti guerrafondai. L’annosa questione del Donbas è stato solo un pretesto, chiaramente, di Putin per invadere l’Ucraina. Questa regione che si sviluppa attorno al fiume Donec vede dall’ormai 2014 il dissidio tra il governo di Kiev e due repubbliche dichiaratesi indipendenti in quello stesso anno, la Repubblica di Donetsk e la Repubblica di Lugansk, filorusse a maggioranza russofona. Come gran parte dell’Ucraina sud-orientale. La “Nuova Russia (Novorossija)” non è altro che un’ampia porzione sud-orientale dell’Ucraina che abbraccia le città che bagnano il Mar Nero. In pratica tutta la zona costiera. Benché sia reale la presenza di una maggioranza russofona (e russofila) in quelle zone, la Nuova Russia che Putin vorrebbe annettere toglierebbe lo sbocco al mare all’Ucraina, in favore della Federazione Russa. Città come Mariupol e Odessa, teatri degli ultimi bombardamenti russi, sono proprio in questa zona. Questo è solo il proseguimento dopo l’episodio barbaro del plebiscito di Crimea, che vide la penisola che dà sul Mar Nero essere annessa alla Federazione nello stesso 2014. Ma questi interessi di avvicinamento al Mediterraneo non sono saltati fuori ora. Però di contro sbagliamo e sbagliano tutti coloro che sbrigativamente risolvono questo atteggiamento espansionista come volto a rifondare l’URSS. La presidenza del Cremlino non ha interessi (almeno, per quel che possiamo affermare fino ad ora) a rifondare l’URSS o, Russia zarista che dir si voglia. In modo tragicomico infine, potremmo pure vedere questa situazione come il timore dell’ex KGB Putin di non poter mantenere il potere per sempre (si ricordi a proposito l’ultimo emendamento sull’eleggibilità del presidente in carica che ne azzera i mandati permettendogli la presidenza fino al 2036).

                                                                                             A cura di Salvo Mannino

1. espressione resa celebre da Churchill, discorso dell’11 maggio del 1945;

2. cfr. Maddalena Tulanti, ilsudonline.it;

3. cfr. Maurizio Crozza, Fratelli di Crozza, marzo 2022;

4. cfr. https://www.instagram.com/tv/CbW1DX8qvHW/?igshid=YmMyMTA2M2Y=

5. Alessandro Orsini, PiazzaPulita, marzo 2022;

6. Enrico Berlinguer, Congresso Nazionale del PCI, 1972;

7. Mario Giordano, Fuori dal coro, puntata del 5 aprile 2022.

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