Ex Abrupto

25.11.2021

EX ABRUPTO

Lieve la vita, lieto il viver

mio sì limpido e affabile,

di puro senno e cauto core

non per l'uopo parato ancor

che con cheta però paravasi:

tal era dei miei anni il fiore.

Ah, quegl'oneri, quel rigore

quei diletti e la credenza

d'aver già i doni di vita avuto;

tal era dei miei anni il fiore.

Ingenuo il cor attendea

né vigilava la mente,

ché non ancor conoscea,

che il cecchin lo sgarbo parava.

---

Scoccato il dardo, nel petto s'innesta.

Chi dalla grave quiete or mi desta?1

Qual irrequietezza è mai questa?

Se' tu, Amor,

antico ardor ch'or m'arde in cor?

Se' tu, Amor,

dell'alme il moto, degl'eroi il valor?

E chi del fuoco è favilla?

A qual vista riversa la pupilla?

Quand'ancor mente era in agitazione

sapea già il cor mio la cagion

di tal sobbalzo e la risoluzione:

Ben se' tu, donna,

alto candor, più alto desiar!

Tu, ch'anco amor envesscasti2

coi due lumi tal l'occhi tuoi.

Ahimè! Né fiumi e né mari

or men füoco faran fiammar.

Cosa sei tu, Amor,

ch'ogni credenza in dubbio poni,

d'ogn'om il riso et ogne pena del cuor?

Madama, io m'ho da magnificarti

in magne tue vertuti

sì che ragion pur si suada,

e pur de poeti venuti

le più alte parol replicarti:

Mira spuntar la rosa,3

tra i fior 'l più avvenente

ma di tua beltà invidiosa.

Ecco, tendo a te il fior nobile:

e si ravviva il dolce tuo viso ridente.

4

Ebbene sono io ravvivato

ché a me basta stare con te.

Ma io sol vivo col cheto creder:

l'imago in mente si figura

e solo azzardo azion futura.

---

E t'ho lodata,

magnificata,

t'ho desïata,

tanto ho sperato

d'avvolgerti colle ingenue braccia;

ma l'amara sentenza

dall'amore scartato

spensemi tutta l'ardenza.

Consolazione alcuna

non v'è a questa tortura

perversa che logora lo spirto,

che rende irto il viver mio.

Giacché la pessima pena

perseguita ancor il martoriato cor

è come lo 'nferno in terra:

tanta la dannazione

quanta la divina elevazione

de l'espirto ch'esclamommi guerra.

Cosa sei tu, Amor,

che pria rapisci,

poscia ferisci?

Ah, qual duoli voi ignorate

tutte voi chete belve;

per Amor non ansimate

né desperate per le selve.

Piango la pace del viver

passato senza dubbio

sul viver mio e quel creder

d'aver già i doni di vita avuto.

Or patimento m'incombe

giacché la pessima pena

è lo spirar senza più gaudio:

a te tutto lo affidai;

è lo spirar senza più speme:

ché la spé squarciasti col gladio

è il dannato rimembrar

quanto 'l mio velle ti fu brutto.

Né odi né t'amo5

più.

Lo so io, Amor:

tu sei l'Uomo

che perfido ti nomina

nei suoi poemi

da secoli e secoli

non per spé dare,

all'anima insegnare,

gli uomini invaghire

le donne adescare;

tu sei l'Uomo

timido, vile

che la donna temette

e l'arte s'inventò

dell'amare,6

il mendace rito

del perseguitare

la donna con dolcezze

frasi e tante carezze.

Qual perverso è l'Uomo.

1 "Chi dalla grave, immemore, / quiete or mi ridesta?" vv. 81-82 de Il Risorgimento di Leopardi, in cui

l'animo e il cuore, da tempo aridi, si risvegliano.

2 "Amor, tu m'envesscasti con doi lumi / de doi beli occhi [...]", versi di Raffaello Sanzio.

3Gerusalemme Liberata, canto XVI, v. 105.

4 Dalla tradizione letteraria latina del "dulce ridentem".

5 Odi et amo: "Come lo faccia forse ti chiedi? Non lo so, ma sento che accade e mi struggo". Il verso della

ballata invece segna una rottura con questi versi di Catullo, indicando un'apatia irreversibile.

6 Riferimento all'Ars Amatoria ed a tutte le opere con decaloghi sull'amore ed altri comandamenti

Salvatore Mannino


Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia