Come si capisce se la strada percorsa sia quella giusta?
"Come si capisce se la strada percorsa sia quella giusta?"
Ritorna puntualmente questa domanda nella mia mente, ma in
fin dei conti è solo retorica. Il fatto è che ogni giorno, ciò che viviamo,
determina il cambiamento delle nostre idee, un ribaltamento delle nostre
credenze. Siamo forse incoerenti, contraddittori? Non ci è dato saperlo.
Certamente più passano i giorni, più si ha la paura che le scelte prese debbano
essere stravolte.
Ma cos'è che ci fa cambiare idea così
facilmente? Com'è possibile, allora, che un giorno prima si è convinta di una
cosa, e il giorno dopo quella cosa sembra quasi essere di troppo? Com'è che
siamo talmente affannati nel dare una direzione alle nostre strade, da non
accorgerci di avere nei pressi delle deviazioni, a cui dobbiamo tener conto e
che ci portano inevitabilmente a cambiare corsia? Si arriva, poi, ad un punto
in cui ci si chiede se quella determinata scelta combaci ancora con noi; se le
cose passate siano state solo influenze; se i pensieri che si hanno dentro,
siano poi gli stessi che mettiamo a confronto con gli altri.
Io credo che noi tutti abbiamo una personalità, dei pensieri, una parte
nascosta che effettivamente, a conti fatti, non ci appartiene, ed è proprio la
stessa parte che noi tendiamo a nascondere, e alla quale permettiamo l'accesso
solo a determinate persone che crediamo possano essere simili a noi, o quanto
meno, senza troppi ghirigori, che possano comprenderci. Il fatto è che noi, più di tutto, proviamo a
circondarci di quelle stesse persone che potrebbero essere adatte a conoscere
quella parte, e ancor di più quando ci accingiamo a renderla spoglia, molte
volte rimaniamo talmente delusi da decidere di chiuderci in noi stessi.
La parte che tendiamo a nascondere è oscura, anche per noi:
genera paure, ansie, insicurezze, domande che dovrebbero essere custodite
dentro un cassetto della nostra mente, a chiave, possibilmente con una
serratura talmente arrugginita da rendere l'apertura impossibile. E' quella
stessa parte che ci mette sempre in soggezione, che ci pone davanti a quesiti
esistenziali, quali: "sono adatta?", "sono pronta?", "mi sono forse comportata
in modo giusto?". Ed è qui che entra in ballo ciò che io chiamo raziocinio, ma
conosciuto da molti come virtù, come moderatezza. Per me è solo e soltanto
raziocinio: è oggettività, è modello da seguire.
E allora, siamo realmente capaci di comprendere quale sia il modello da seguire
per condurre una vita più giusta possibile? Siamo davvero in grado di capirci
talmente tanto da mettere a nudo la nostra parte oscura, e renderla spoglia?
Io, credo di no: non siamo né onniscienti, né onnipotenti. Quella parte non
possiamo denudarla, perché è quella che ci pone dei limiti; non possiamo
capirla del tutto, semplicemente, perché deve rimanere com'è: nascosta.
Se la conoscessimo, sarebbe solamente strano. È come conoscere il nostro futuro:
non ci sarebbe gusto nel vivere il presente, e così non ci sarebbe neppure
gusto nel vivere ciò che ci rende degli umani; una riflessione molto bella al
riguardo la propone ad esempio Leopardi in Dialogo
di un venditore d'almanacchi e un passeggere, tra le bellissime Operette morali.
Ciò a cui, noi, dobbiamo limitarci è capire quando superare quella parte oscura e ignorarla e quando invece darle adito. Ma come?
Elena Infantino