"Addio sole": di passaggio nella vita terrena.

12.12.2021

"Addio sole": di passaggio nella vita terrena.

Ταὐτό τ' ἔνι ζῶν καὶ
τεθνηκὸς καὶ ἐγρηγορὸς
καὶ καθεῦδον καὶ νέον καὶ
γηραιόν· τάδε γὰρ
μεταπεσόντα ἐκεῖνά ἐστι
κἀκεῖνα πάλιν ταῦτα.

"La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi" (Eraclito, fr.88)

Per Eraclito, l'origine di ogni cosa è che tutto scorre, in un eterno movimento. Questo fa in modo che ogni cosa sia un continuo divenire, un concetto che oramai comunemente si riassume nell'espressione πάντα ῥεῖ, nonostante questa citazione non sia mai presente negli scritti del filosofo fino a noi pervenuti. La realtà è quindi un fiume, che costantemente scorre e fluisce, ed è impossibile che si ripeta uguale a sé stessa. È questo il tema della canzone "Di passaggio", scritta da Franco Battiato e Manlio Sgalambro, che inizia proprio con la citazione sopra riportata. Ed insieme alla percezione dinamica dell'esistenza, viene suggerita anche una certa ciclicità, che porta qualsiasi cosa ad essere il suo opposto e viceversa. Nel frattempo, quasi fosse un "memento mori", le strofe passano in rassegna ogni cosa effimera della vita, riprendendo alcuni versi della Ginestra di Leopardi ("Caggiono i regni intanto,/ Passan genti e linguaggi: ella nol vede:/ e l'uom d'eternità s'arroga il vanto), ma risulta esserne in costante cambiamento ogni aspetto: l'età, il corpo, le emozioni, la religione, le istituzioni, la morale, l'informazione. Niente sfugge al mutamento, "e intanto passa ignaro il vero senso della vita", e cioè proprio il fatto che esiste il suo contrario: la morte. Perché ogni cosa si legittima nello scontrarsi col suo opposto, e banalmente non esisterebbe felicità se non vi fosse noia, non ci sarebbe gioia senza il dolore. "Per noi, che siamo solo di passaggio" l'esistenza non è che uno scorrere irrefrenabile. La canzone si conclude con un'altra citazione dal greco, questa volta di Callimaco (Epigrammi, XXIII):

Eἴπας «Ἥλιε χαῖρε» Κλεόμβροτος Ὡμβρακιώτης

ἥλατ᾽ἀφ᾽ ὑψηλοῦ τείχεος εἰς Ἀίδην,
ἄξιον οὐδὲν ἰδὼν θανάτου κακόν, ἀλλὰ Πλάτωνος

εν τό περἴ ψὑχης γραμμ΄αναλεξαμενός

"Dicendo "Addio sole" Cleombroto d'Ambracia

saltò da un alto muro giù nell'Ade,

non avendo conosciuto alcun male degno di morte,

ma avendo letto un solo scritto di Platone, quello sull'anima."

Il suggerimento di un ciclo che finisce per ricominciare si fa allora più forte, dato che Cleombroto, protagonista dei due distici, si uccide per la sola curiosità di scoprire cosa ci sarà dopo la morte, a causa della lettura del Fedone (non è chiaro, invece, il messaggio che Callimaco voleva comunicarci originariamente, da inserirsi probabilmente nel dibattito filosofico del tempo). È di certo suggestivo concludere così la nostra riflessione: la contrapposizione fra la luce del sole del primo verso, salutata per l'ultima volta, ed il buio dell'Ade, che si trova alla fine del secondo, riportano a quell'idea di opposti che vengono nuovamente a scontrarsi. Ed anche il passaggio dalla vita alla morte, rappresentato come se il protagonista si gettasse direttamente nell'Ade e non come un viaggio intrapreso dalla sua anima staccatasi dal corpo, ci dà come l'impressione di una certa continuità e ciclicità. 

Beatrice Gucciardo

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